giovedì 25 settembre 2014

Fai funzionare bene la mente di F. Rustici

La nostra mente può essere usata come uno strumento dalle potenzialità incredibili e portarci a vivere una vita felice ed appagante, ma può anche essere usata per portarci a vivere un inferno su questa terra. Nota bene che ho usato il termine strumento, ed infatti la mente non è altro che uno strumento che ci viene dato, che si forma piano piano nei primi anni della nostra vita. Noi non siamo la nostra mente, questo deve essere chiaro. È molto importante conoscere questo strumento, comprenderne il funzionamento e cosa è in realtà, altrimenti, come tutte le cose che non si conoscono, può benissimo essere usato negativamente. Il guaio è che essendo uno strumento potentissimo può, se usato male, portarci anche un grandissimo danno. Possiamo paragonare la mente ad un sistema operativo di un computer. Questo sistema esegue tutti i programmi che vi sono installati, non riesce a distinguere i programmi utili da quelli nocivi, come i virus di un pc per esempio. La nostra mente (sarebbe meglio dire una parte di questa, ma non complichiamo le cose) non discerne il giusto o lo sbagliato, il positivo dal negativo, semplicemente esegue le istruzioni che le abbiamo impartite una o più volte nel corso della nostra vita. Spesso queste istruzioni sono entrate a far parte dei programmi mentali a nostra insaputa, inconsapevolmente. Infatti spesso abbiamo dei comportamenti negativi che non siamo capaci di rimediare semplicemente perché abbiamo queste programmazioni, credenze o memorie, che sono installate nel nostro inconscio più profondo e anche con la più buona volontà che possiamo metterci non siamo capaci di eliminare. Tutti questi programmi, o memorie non siamo noi, non sono la vera essenza di noi stessi, eppure molto spesso ci fanno vivere una vita che non desideriamo, ci portano infelicità e sofferenze. Scattano semplicemente questi automatismi mentali, queste meccaniche mentali che ci arrecano danno, anche se a primo acchito possono portarci un senso di benessere e soddisfazione. È dunque una cosa fondamentale capire il funzionamento di base della nostra mente, e prendere coscienza di certi automatismi è il primo passo per cancellarli. Prendere coscienza di questi programmi difatti ci fa assumere la piena responsabilità del problema e molto spesso queste memorie limitanti spariscono, vengono semplicemente cancellate dalla nostra coscienza che le ha portate alla luce. Altre volte questo non basta e bisogna fare un lavoro più profondo. In questo libro vengono ripetuti molte volte due atteggiamenti fondamentali che servono ad aiutarci a migliorare la nostra vita e a cercare di risolvere i nostri problemi, uno l'ho accennato poco fa e consiste nell'assumersi la piena responsabilità di tutto quello che percepiamo e che ci capita in questa esistenza, bello e brutto che sia. Per cui basta incolpare gli altri, gli oggetti, il destino, il tempo, i governi, le banche, il diavolo, il divino creatore, l'universo, ecc. ecc. Basta incolpare! Smetti di incolpare chichessia e assumiti la piena responsabilità della tua vita. Questo non vuol dire che se stai portando avanti una vita di m... devi caricarti di tutte le colpe possibili, questo sarebbe controproducente al massimo, non è colpa di nessuno. Semplicemente non ti sei assunto la piena responsabilità di te stesso. Se non accetti questo, mi dispiace, probabilmente continuerai a portare avanti una vita di m... Attenzione, lo ripeto, non devi incolparti di nulla, e qui sta il secondo atteggiamento da assumere che consiste nell'autoaccettarsi. Accettare se stessi significa amarsi incondizionatamente, nel bene e nel male, accettare i propri errori e andare avanti. Per cui la seconda regola è l'Auto-accettazione. Quando diventi padrone di questi due atteggiamenti ti succede una cosa incredibile: diventi padrone della tua vita, sei libero. Mentre prima pensavi di essere libero in realtà non lo eri affatto, ora lo sei. Ma non è finita qui! Non è così semplice. Nel libro non si parla solamente di credenze o memorie che si sono installate durante la nostra vita, e qui sta la sorpresa. Infatti vengono analizzate alcune meccaniche mentali, come le chiama l'autrice, che non sono dipese da noi ma dagli altri. La cosa si complica, lo so... Allora abbiamo memorie che vengono dai nostri avi, dai nostri antenati e via via fino ai nostri nonni e genitori. Se per esempio un nostro nonno è morto e durante l'esistenza non si è assunto una certa responsabilità in qualsiasi ambito della vita, ecco che può succedere che questo atteggiamento negativo di irresponsabilità si installi nella nostra mente causandoci dei problemi. Ho scritto che può succedere, e questo dipende dal fatto se siamo o non siamo consapevoli di quel determinato problema o ambito di vita. Anche qui la consapevolezza può salvarci. Ecco che può essere spiegata l'ereditarietà di certe malattie, ereditarietà che si verifica anche quando i figli sono stati adottati, per esempio. Abbiamo anche memorie che non sono nostre ma provengono, attraverso legami energetici mentali, da persone di cui abbiamo fatto delle considerazioni sia positive che negative. Il termine considerazione che usa l'autrice può essere sinonimo di pregiudizio quando è negativo oppure ammirazione quando è positivo. Ecco che giudicare gli altri limita la nostra libertà perché così facendo assumiamo atteggiamenti mentali non nostri, e quasi sempre questi atteggiamenti sono negativi. Anche ammirare qualcuno non è molto vantaggioso per la nostra libertà. Un'altra maniera di acquisizione di memorie che l'autrice ci illustra è quella che ci arriva dal contatto di oggetti o frequentando luoghi impregnati da energie mentali di altre persone, magari morte da molto tempo. Qui parliamo di psicometria, quella facoltà di leggere la mente di chi ha costruito o posseduto un determinato oggetto. Se la nostra mente è in sintonia con queste energie mentali ecco che possono installarsi nella nostra mente a nostra insaputa ed arrecarci danno. Anche qui prenderne coscienza può fare la differenza. Altri argomenti, come per esempio i flussi di sesso, le illusioni, le emozioni, sono trattati ed esposti in questo libro che a mio parere merita una lettura per chiarirci le idee e aiutarci a comprendere e quindi dominare questo eccezionale strumento che risponde al nome di Mente!
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venerdì 19 settembre 2014

Reflessologia del piede di Angelo Luciani

Le tecniche riflessogene si basano tutte su di un assunto particolare, e cioè che su di una parte relativamente piccola del nostro corpo troviamo rappresentato l'intero nostro organismo. La più famosa ed usata è la riflessologia plantare ma ve ne sono molte altre, dalla riflessologia della mano a quella dell'orecchio, dai denti al cuoio capelluto, fino alla riflessologia degli organi genitali. Quasi tutte sono sia diagnostiche che curative, altre sono solo diagnostiche, come per esempio l'iridologia dove viene rappresentato l'intero organismo nell'iride dell'occhio. Nella riflessologia plantare la diagnosi si fa andando a ricercare quei punti che opportunamente stimolati danno una sensazione di dolore o spiacevole. La cura invece si effettua andando a stimolare quei determinati punti, associati magari a degli altri secondo le opportune conoscenze apprese, per cercare di energizzare e/o riequilibrare quel determinato organo riflesso in quel punto. Tutte le tecniche riflessogene hanno una valenza ed una importanza cruciale ai giorni nostri in quanto oltre che servire a curare o a portare sollievo per certi disagi, disturbi o malattie servono anche come prevenzione. Prima di una malattia organica vi è infatti un periodo di tempo più o meno lungo in cui il problema è di tipo emotivo/energetico e successivamente funzionale. Solo alla fine l'organo o il tessuto entrerà nella fase degenerativa. Le tecniche riflessogene mi permettono di diagnosticare un problema quando è ancora in fase energetica, quindi facilmente risolvibile. Mi viene in mente l'analisi iridologica che mi permette di vedere certe tendenze e certe debolezze che riguardano la persona in questione. Alcuni segni sull'iride poi mi indicano anche la probabilità di malattie future di una certa gravità che magari non si riesce ancora a diagnosticare con l'ausilio della medicina ufficiale. Un altro grande vantaggio di alcune di queste tecniche riflessogene è quello che possono benissimo diventare un metodo di aiuto famigliare. Basta un pochino di impegno per imparare per esempio i punti riflessi degli organi sulla pianta del piede, e nei momenti di necessità andare a stimolarli sui piedi dei nostri cari. Ma come mai che il nostro corpo è pieno di queste zone che rappresentano il corpo nel suo intero? Gli scettici dicono che non esistono affatto queste zone ma che eventuali progressi e successi sono dovuti invece alla suggestione e ad una specie di effetto placebo in cui la persona trattata mette in atto un sistema di autoguarigione. Mi viene in mente ora la descrizione dell'ologramma. L'ologramma non è altro che un sistema, di qualsivoglia tipo esso sia, nel quale ogni più piccola parte racchiude l'insieme o il tutto di quel sistema. Mi viene in mente anche il fisico Bohm che con la sua descrizione dell'universo possiamo dedurne che esso sia in realtà come un gigantesco ologramma dove ogni più piccola parte racchiude il tutto. Mi viene in mente ancora la famosa frase attribuita ad Ermete Trismegisto: “Come in alto così in basso”, o viceversa. Mi vengono in mente anche gli specchi esseni, la memoria del DNA, la Matrix, ecc. Ed allora è facile giungere alla conclusione che queste zone riflesse rappresentano l'intero organismo, ma non solo, potrebbero benissimo rappresentare l'universo intero se solo sapessimo leggerle. In realtà siamo molto più complessi di quello che la scienza ha scoperto o vuole farci credere, siamo di una tale complessità perché rappresentiamo nella nostra esistenza il tutto e siamo imprescindibilmente legati ad ogni cosa o entità cosciente. Però sottolineo che questa complessità che rappresenta le molteplici forme esistenti è allo stesso tempo la semplicità che rappresenta l'Uno non manifestato. Non siamo esseri separati dal resto dell'universo, come ogni singola cellula o parte di tessuto non è separata dall'intero nostro corpo. Questo libro si discosta dai molti altri titoli sull'argomento per l'approccio diverso. Il grosso guaio degli occidentali è infatti quello di occidentalizzare tutto (mi sono permesso questo gioco di parole), cioè di schematizzare, razionalizzare, spiegare scientificamente, metabolizzare con l'emisfero sinistro tutto quello che viene proposto o scoperto. Ecco che anche la riflessologia sviluppatesi in occidente ha un approccio organico e funzionale. Si studiano i punti riflessi e si stimolano in base ai problemi che si hanno in determinati organi, punto e basta. Negli ultimi anni ci si è resi conto invece che questo metodo non sempre funziona, è un po' diciamo come di tipo sintomatico. Questo libro invece affronta un approccio psicosomatico servendosi anche delle conoscenze della MTC (Medicina Tradizionale Cinese). Ecco che vengono tirati in ballo non solo organi fisici ma anche l'energia che può essere ristagnate o mancante, ed ancora le emozioni legate ai cinque movimenti della MTC. Solo lavorando su queste cose riusciremo veramente a sbloccare una situazione di disequilibrio che si manifesta con malattie sia funzionali che organiche, ma non solo, possiamo benissimo trattare disagi emotivi e mentali che provocano stress o comunque non ci fanno vivere pienamente la nostra vita e ci appesantiscono l'esistenza, come i sensi di colpa, il rancore, il vittimismo e molte altre emozioni negative. Il libro è suddiviso in due parti, una prima parte prettamente teorica e la seconda dove viene illustrata la tecnica vera e propria. Consigliato magari a chi sa già qualcosa di riflessologia plantare, la seconda parte va integrata con altre ricerche poiché risulta, secondo me, a tratti poco chiara nell'esposizione. Una parte finale risulta molto interessante dove la tecnica riflessologica viene integrata con l'uso dei fiori di Bach, e qui troviamo degli schemi che associano le cinque fasi di trasformazione con i fiori di Bach appropriati.
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giovedì 11 settembre 2014

Padre ricco, padre povero di Robert T. Kiyosaki

La prosperità e la ricchezza dovrebbero essere un dono incondizionato per tutti gli uomini della terra. Ho usato il condizionale perché questo in effetti non avviene. E la colpa di chi è? Spesso si incolpano i governi, i potenti, i ricchi e si dimentica una cosa fondamentale cioè quella di guardarsi dentro e di cercare la responsabilità, e non la colpa nota bene, di tutta la nostra situazione in noi stessi. Questo è un lavoro fondamentale che prima o poi siamo obbligati ad affrontare se non vogliamo sprofondare, e vale per tutto quello che fa parte della nostra vita. La cosa più negativa che possiamo fare nei confronti di noi stessi è quella di lamentarci, criticare, giudicare e biasimare ciò che stà fuori di noi: il vicino di casa, il parente, il compagno/a, il prete, il politico, la banca, il governo, i ricchi, il mondo, la natura, l'universo, il divino. Pensa, c'è gente che se la prende con l'Essere Divino come se questi potesse sbagliare qualcosa. O addirittura se la prende con gli oggetti, un giorno ho visto una mia vicina che litigava con la macchina perché non partiva, ma cosa mai stava facendo? Imprecava e insultava la macchina e la trattava come un essere umano, ma dove mai siamo arrivati? Ho scritto che queste emozioni negative sono la cosa più negativa che possiamo fare a noi stessi. Gli altri in effetti non centrano, sono rappresentazioni esterne di noi stessi. Siamo noi a farci del male se ci lamentiamo, se critichiamo o giudichiamo qualcuno, e se persistiamo in questo senso non possiamo che peggiorare le cose. In realtà se ci manca qualcosa, se la nostra vita ha preso una brutta piega, se ci sono successe cose indesiderate dobbiamo cercare il motivo in noi stessi, lavoro questo che la maggior parte delle persone non fa. In parte è perdonabile, infatti alle persone manca un'istruzione adeguata che la nostra società durante l'apprendimento scolastico non ci da. Siamo vittime ignoranti di schemi che si protraggono di generazione in generazione e l'unica cosa da fare è quella di rimboccarsi le maniche e ricominciare ad imparare nella maniera giusta. Ed è essenziale anche disimparare molte nozioni false e negative che abbiamo appreso. Ma ora parliamo di soldi. Ogni tanto mi piace parlare di “schéi” come si chiamano dalle mie parti. Perché i soldi? Perché ho scoperto negli ultimi anni che avere un rapporto sano nei confronti del denaro aiuta a sanare anche altri aspetti della nostra vita. I soldi sono una forma di energia che utilizziamo e ci scambiamo e, cosa fondamentale, non sono nè buoni nè cattivi ma amplificano solamente le nostre qualità. In questo libro l'autore sottolinea più volte che l'istruzione riguardo al denaro che abbiamo avuto dai nostri papà fin da piccoli è fondamentale. Un papà povero insegna al proprio figlio ad essere povero, non può fare altro, non conosce i principi della ricchezza, ed il figlio se non rompe gli schemi acquisiti sarà destinato alla povertà. Cosa che non avviene al figlio di un papà ricco. Questi apprenderà una serie di principi e di nozioni che lo porteranno inevitabilmente al successo e alla ricchezza. Non sto parlando dei “falsi ricchi”, dei ricchi occasionali che magari in pochi anni costruiscono una fortuna e nella stessa manciata di tempo ritornano alla povertà (se non si suicidano prima), ma dei ricchi veri, quelli che hanno capito o gli sono state trasmesse determinate verità o leggi. Kiyosaki ha potuto capire tutto ciò perché ha avuto due papà, uno ricco ed uno povero. Il papà naturale, quello povero, gli trasmetteva determinate cose riguardo la ricchezza ed il denaro, mentre il papà del suo migliore amico d'infanzia, il papà ricco, gli trasmetteva tutt'altro. Avendo avuto questi due papà, l'autore ha potuto confrontare i due tipi di insegnamenti e fare una scelta, e successivamente trasmettere ad altri queste nozioni. Se anche noi abbiamo una scelta non siamo spacciati, è quando non abbiamo scelte che siamo finiti, ma finché possiamo scegliere possiamo ancora salvarci. Il libro è una specie di autobiografia dell'autore che narrando eventi dell'infanzia e della giovinezza ci trasmette gli insegnamenti che i ricchi danno ai propri figli. Possiamo apprendere che la persona ricca non lavora per denaro, studia e comprende le basi dell'economia, inventa e crea denaro, lavora per imparare e molte altre cose. Il libro elenca negli ultimi capitoli tutta una serie di pricipi, alcuni tecnici ed altri più astratti, riguardo al denaro. Scopriamo qui, per esempio, che una prerogativa del papà ricco è quella di donare una parte dei guadagni seguendo l'antico precetto di dare per ricevere. Il papà povero invece dice che donerà solo quando sarà ricco, il guaio è che ricco non lo diventerà mai. Una lettura molto istruttiva e piacevole per scardinare schemi e concetti limitanti che abbiamo nei confronti del denaro, che ci fa capire una volta per tutte che la colpa della nostra povertà non è del governo, delle banche o del sistema monetario ma di quello che abbiamo imparato o non abbiamo imparato da piccoli e non solo. Lettura dove troviamo anche alcune nozioni di natura tecnica mai invadenti anche per un lettore digiuno di tali argomenti. Vale la pena leggerlo.
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giovedì 4 settembre 2014

Siddharta di Hermann Hesse

Oggi voglio scrivere di un romanzo che ho letto la prima volta più di vent'anni fa e ho voluto rileggere recentemente. All'epoca ero un sognatore, un anticonformista, studiavo musica ed ero appassionato di letture, romanzi soprattutto (non che adesso abbia abbandonato queste qualità, o queste qualità abbiano abbandonato me...). Un autore che prediligevo era appunto Hermann Hesse. Ho letto molti dei suoi romanzi, anche le opere giovanili, e questo romanzo, che può essere visto anche come un saggio sul risveglio interiore. Hesse aveva il padre e il nonno che erano dei missionari in India per cui conosceva bene questa cultura. In questo romanzo ha saputo condensare pochi ma importanti insegnamenti che possono condurre alla pace e all'accettazione della vita. Hesse ha uno stile vagamente malinconico ma pieno di speranza e di felicità data dalle cose semplici. La vita è un insieme di gioia e di sofferenza, a volte veniamo sopraffatti dal dolore, e sinceramente non sappiamo come tali eventi ci possano capitare. Quando ci succede qualche cosa di brutto, di negativo, sembra che non ce ne rendiamo neanche conto. Non ti è mai capitato di dire a te stesso in simili casi: “Non ci posso credere, non mi sembra vero...”? Anche a distanza di anni dalla morte di un nostro caro, per esempio, ci poniamo queste domande. Credo che questo atteggiamento di incredulità sia dovuto al fatto che noi stiamo dormendo. Viviamo la nostra vita nel sonno, non siamo svegli, stiamo sognando. Ecco che, non essendo pienamente presenti, viviamo certe situazioni in maniera irreale. Non sembrano successe a noi, o meglio, una parte di noi non ci crede. In effetti tutti i maestri, orientali ed occidentali, del passato e del presente ce lo dicono chiaro e tondo: “State dormendo!”. E loro lo sanno, essendosi risvegliati. Ma cosa significa? La storia è incentrata sulla figura di Siddharta, un nobile di alta casta vissuto all'epoca del Buddha. Il giovane studia i testi spirituali ma non riesce a sentire l'esperienza, a provare quello che questi testi insegnano. Decide così di abbandonare tutto e unirsi a dei santi uomini itineranti che praticavano la meditazione e la preghiera non possedendo nulla. Siddharta, accompagnato dall'amico Govinda, incontra ad un certo punto la figura di Gotama, il futuro Buddha. Ne segue per un po' l'insegnamento ma non rimane con lui e a questo punto Siddharta ha la prima illuminazione, guarda il mondo per come è, senza il filtro del pensiero. Ora osserva il sole, gli alberi, il fiume ed è come se li vedesse per la prima volta. Rimane per ore ad osservare la bellezza del mondo come farebbe un bambino, senza pensare. Qui troviamo un primo insegnamento, se riusciamo a far tacere il nostro dialogo interno riusciremo a guardare il mondo come se fosse la prima volta, a rimanere estasiati dalla sua bellezza. Questo perché la nostra mente avendolo già “catalogato” non ce lo fa vedere realmente, ma ci fa osservare quello che pensiamo del mondo, non come è in realtà. Lo abbiamo già etichettato nella nostra testa e questo è il nostro limite. Successivamente Siddharta incontra una nobile ragazza, Kamala, e se ne innamora. Riesce ad avere un breve colloquio con lei e questa le dice che deve essere ricco per poterla amare. Così il giovane comincia a lavorare presso un mercante e ne impara l'arte e in breve tempo diventa il più grande mercante della città e può dunque amare Kamala. Interrogato sul suo fulmineo successo Siddharta risponde: “Io so pensare, so aspettare e so digiunare”. Anche qui troviamo degli insegnamenti, il giusto pensare è fondamentale per poter avere successo negli affari, come anche l'attesa e la pazienza, e pure il digiuno, cioè il saper gestire in maniera ottimale le proprie entrate. Ben presto però si lascia trascinare dal mondo materiale e fa l'esperienza del vizio, finché un giorno, resosi conto della sua caduta, fugge via. Incontra nuovamente l'amico Govinda e comincia a fare il traghettatore su un fiume e qui incontra la pace. Il messaggio e l'insegnamento che troviamo ora è che nella vita non bisogna disprezzare le cose materiali immergendosi in una sensazione di santità e di privazioni, né tantomeno legarci ai beni materiali ed abbandonarci ai sensi. La vita va vissuta immergendosi in essa con distacco. È il fiume che insegna questo a Siddharta, la vita è come un fiume, e se vista dalla sponda riusciamo a coglierne la sua uniformità di molteplici esperienze.
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